Il principio cardine su cui si basa la valutazione del rischio è che la violenza è una scelta, influenzata da tutta una serie di fattori sociali, biologici, neurologici, individuali di colui che maltratta:
«Si può così ipotizzare, prevedere, valutare quali fattori hanno portato la persona a decidere di agire violenza e intervenire cercando di modificarli, ridurli o ancora meglio farli scomparire o neutralizzarli, riducendo così il rischio di recidiva». (Baldry, 2016).
Il Piano Strategico Nazionale Contro la Violenza Maschile sulle Donne 2017 – 2020, all’asse 4.3 ‘Perseguire e punire’, recependo il contenuto dell’art.51 della Convenzione di Istanbul, recita chiaramente che
«Le donne che subiscono violenza hanno diritto a sentirsi tutelate e a ottenere giustizia dai tribunali il prima possibile, le situazioni di violenza vissute devono essere opportunamente investigate al fine di evitare il protrarsi di ulteriori violenze (…) garantire la tutela delle donne vittime di violenza attraverso un’efficace e rapida valutazione e gestione del rischio di letalità della vittima, gravità, reiterazione e recidiva del reato, attraverso procedure omogenee ed efficienti su tutto il territorio nazionale».
La procedura di valutazione del rischio si colloca all’interno dei percorsi “standard” delle utenti presso i centri antiviolenza. La scelta di somministrare questo strumento a tutte le donne che accedono al centro è motivata dal riconoscimento della valutazione del rischio come metodo indispensabile per lavorare sull’indagine dell’incolumità fisica e psichica della donna e dei minori, per selezionare gli interventi di tutela da attivare nei percorsi e per dialogare in modo professionale con gli attori della rete territoriale.